Una grande mostra, esplora il possibile futuro dell’umanità, tra immaginario e scientifico, Human+. Il futuro della nostra specie, a cura di Cathrine Kramer, al Palazzo delle Esposizioni fino al 1 luglio 2018. Più che una mera celebrazione della tecnologia questa narrazione vuole presentare al pubblico ricerche, acquisizioni ed ipotesi che permettano visitatori di immaginare quali scelte si potrebbero fare per il nostro futuro.
La mostra è stata promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale ed organizzata da Azienda Speciale Palaexpo. Per l’edizione romana la mostra si avvale della collaborazione di Fondazione Mondo Digitale, mentre la sezione “Umano, sovraumano?” è stata curata da Valentino Catricalà. Concepita e presentata per la prima volta da Science Gallery presso il Trinity College di Dublino, nella versione itinerante è stata co-prodotta da Science Gallery, Trinity College Dublin e Centre de Cultura Contemporània de Barcelona.
Forse ci stiamo già domandando che posto avranno nella nostra società futura Cybor e cloni. Dovremo continuare ad accettare che la nostra mente, il nostro corpo e la nostra vita quotidiana vengano modificati sempre più o esistono confini che non andrebbero superati? Il XXI secolo vedrà probabilmente la convergenza di settori come la biotecnologia, la robotica e l’intelligenza artificiale. La convergenza di queste e altre forze ci condurrà in territori nuovi e sconosciuti. Mentre la manipolazione dei processi biologici, il controllo delle macchine digitali e meccaniche, la creazione di un’intelligenza non biologica superiore a quella umana, sono tutti progressi che sollevano interrogativi etici sull’appropriazione della vita e l’alterazione di se stessi.
Per il momento molta di questa tecnologia ha supplito a problemi di disabilità o a gravi incidenti che rendono il corpo umano inadatto al proseguimento di una vita degna di questo nome, però la stessa tecnologia potrebbe essere usata per potenziare la fragilità del corpo umano, come molti film fantascientifici hanno ipotizzato. Si tratta di una evoluzione o questo ci porterà ad una definitiva estinzione? Dovremmo migliorare noi stessi o piuttosto saremo tentati solo di modificare i nostri discendenti? Infine la prolungata longevità dell’uomo è una prospettiva ipotizzabile? All’interno di questa spettacolare rassegna, alcune delle menti più brillanti e creative del pianeta hanno ipotizzato e immaginato molti futuri possibili.
In mostra non mancano provocazioni da parte di alcuni artisti, un modo come un altro per riflettere sul futuro. L’esposizione presenta infatti circa 40 opere, tra installazioni, film, sculture, fotografie, realizzate da alcuni dei più importanti artisti, designer e scienziati riconosciuti a livello internazionale per il loro lavoro di esplorazione delle connessioni tra arte e scienza. Personalità celebri nei settori della robotica, della biotecnologia, della biologia sintetica e dell’intelligenza artificiale, tra cui Neil Harbisson, il primo cyborg vivente al mondo; Stelarc, considerato tra i più grandi art performer australiani; Oron Catts e Ionat Zurr, creatori delle bambole scacciapensieri semi viventi, le prime sculture di ingegneria tissutale a essere esposte in una galleria. Attraverso le loro opere si approfondirà il concetto di appartenenza alla specie umana, si osserveranno i confini del corpo e della specie e i limiti di ciò che è socialmente ed eticamente accettabile.
Il percorso espositivo di Human+ si suddivide in cinque sezioni:
-Nella prima sezione si esplorano le “Abilità aumentate”. Gli esseri umani hanno sempre fabbricato strumenti per aumentare le proprie capacità. Dalle protesi esterne che potenziano o ampliano le funzioni fisiche agli interventi medici (prendendo in considerazione esempi storici o puramente teorici) questa sezione presenta una serie di metodi fisici, chimici e biologici per potenziare la mente e il corpo.
-La seconda sezione è intitolata “Incontrare gli altri”. Le tecnologie emergenti stanno cambiando il nostro modo di entrare in relazione con gli altri: familiari, colleghi di lavoro e persino animali domestici. Se da un lato le tecnologie sociali possono essere creative, espressive e rendere più profondi i nostri legami, dall’altro possono anche replicare le disuguaglianze e la violenza, presenti nella nostra società.
-La terza Sezione è “Creare l’ambiente”. Nell’immaginare il futuro della nostra specie dobbiamo considerare il contesto in cui viviamo. Nel bene o nel male, abbiamo sempre manipolato ambienti ed organismi per soddisfare i nostri bisogni e desideri. Questi interventi hanno acquisito una portata planetaria tanto da giustificare l’uso del termine Antropocene per definire un’era geologica misurabile, caratterizzata dall’impatto delle attività umane. Dobbiamo ammettere che il futuro della nostra specie dipende ora dalla salvaguardia degli ecosistemi complessi – naturali e costruiti – che sostengono la vita umana sulla Terra.
-Nella quarta sezione “I limiti della vita”, conosciamo il punto iniziale e quello finale della vita umana sulla Terra. Benché assoluti, tuttavia, i due limiti non sono così rigidi. Le tecniche di riproduzione assistita hanno ridefinito i termini di fertilità e gravidanza, sollevando interrogativi seri di natura etica, sociale e tecnica. Anche il punto finale della vita è stato spostato in avanti dai progressi biomedici e dalle macchine per il supporto vitale. Esse prolungano la durata, ma non sempre la qualità della vita umana. Oggi sono i cambiamenti demografici che ci impongono di riesaminare le norme e i rituali sociali, caratteristici di epoche in cui la vita era breve e le famiglie erano numerose.
-“Umano o sovrumano?” è la quinta sezione a cura di Valentino Catricalà, Fondazione Mondo Digitale. Era il 1941 quando Isaac Asimov, su basi cartesiane, scriveva queste frasi formulate da un robot, personaggio del racconto Reason “Io penso quindi sono”. I quattro artisti e i due collettivi selezionati da Valentino Catricalà per la sezione “Umano, sovraumano?”, concepita specificatamente per la tappa romana della mostra e frutto della collaborazione con la Fondazione Mondo Digitale, vogliono farci riflettere.
Dalla mostra “Human+. Il futuro della nostra specie” prende spunto il concorso “Mix User Experience – MUX”, lanciato da Fondazione Mondo Digitale e Palazzo delle Esposizioni. Il contest, dedicato agli studenti di scuole di ogni ordine e grado e alla comunità di professionisti, creativi, maker e designer, ha l’obiettivo di rendere il tema della mostra accessibile al grande pubblico, attraverso la realizzazione di progetti creativi (es. applicazioni, video, installazioni ecc.), che possano aiutare a interagire con le opere in esposizione o suggerire nuove applicazioni per appassionare le persone alla cultura e creare nuovi pubblici. Per informazioni: www.mondodigitale.org/it/news/mix-user-experience
A latere della mostra, durante il fine settimana, i visitatori potranno sperimentare “La Macchina per essere un altro”. Concepito dal collettivo BeAnotherLab, l’esperimento esplora i limiti della realtà mediante una macchina che sembra provenire dai racconti di fantascienza degli anni Sessanta. Il sistema proposto è il risultato di una ricerca sull’empatia e sull’identità che, come i neuroni a specchio, offre agli utenti un’esperienza di “immersione” nel corpo di un’altra persona. Il lab è attivo il sabato e la domenica dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 19.00. Ulteriori orari potranno essere disponibili, consultare il sito www.palazzoesposizioni.it
Human+. Il futuro della nostra specie – Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194 – Roma, fino al 1 luglio 2018. Orari: Domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso. Informazioni e prenotazioni: Singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500;
FOTO DI VALTER SAMBUCINI