Home C'era una volta Il ragazzo prodigio del pop britannico

Il ragazzo prodigio del pop britannico

SHARE

Il 12 maggio 1948 nasce a Birmingham, in Gran Bretagna, Steve Winwood, il ragazzo prodigio del pop britannico degli anni Sessanta. Eredita la passione per la musica dai suoi genitori che lo avviano allo studio del pianoforte quando non ha ancora imparato a scrivere il suo nome.

A quattordici anni è già un talento

A soli quattordici anni fa parte della prestigiosa Muff Woody Jazz Band, dopo aver suonato con musicisti affermati come Rico, Owen Grey, Tony Washington e Wilfred “Jackie” Edwards. Un paio d’anni dopo è l’elemento più in vista dello Spencer Davis Group e, nel 1967, dà vita ai Traffic, una delle più interessanti formazioni britanniche di tutti i tempi. I suoi interessi non si fermano, però, al pop e al rock. Artista poliedrico e preparato, registra nel 1973 Third world, un album reggae con gli Aiye-Keta, una band composta dal polistrumentista Remi Kabaka e dal sassofonista Abdul Lasisi Amaos. Dopo lo scioglimento dei Traffic, avvenuto nel 1974, partecipa alle registrazioni di vari artisti come Sandy Denny, i Fania All Stars, Jim Capaldi, i Toots & The Maytals, George Harrison e il giapponese Stomu Yamashta.

Il debutto come solista

Nel 1977 per il suo debutto come solista chiede e ottiene la collaborazione di personaggi di primo piano dell’ambiente musicale britannico come Reebop Kwaku Baah, Andy Newmark e Willie Weeks. Maniaco della perfezione realizza da solo in due anni di lavoro, suonando gran parte degli strumenti, il suo secondo album Arc of a diver, pubblicato nel 1981 e destinato a diventare uno dei cinque dischi più venduti negli Stati Uniti in quell’anno. L’anno dopo registra nello stesso modo Talking back to the night i cui testi sono frutto del genio creativo di Will Jennings, il paroliere dei Crusaders. La morte del suo manager trentaseienne Andy Cavaliere e quella del vecchio compagno Chris Wood lo gettano in una grave forme depressiva e in molti lo danno per finito. Tornerà prepotentemente alla ribalta nel 1986 quando, con la produzione di Russ Titelman e la collaborazione di artisti come Chaka Khan, James Ingram, Nile Rodgers, James Taylor e Joe Walsh, pubblicherà Back in the high il disco che segna la sua rinascita artistica ed esistenziale, premiato con i Grammy Awards per il miglior album e per la miglior interpretazione maschile.

 

Previous articleLe Bal, l’Italia balla dal 1940 al 2001 alla Sala Umberto di Roma
Next articleI due Tony scendono in campo con Kalimba de Luna
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".