Home C'era una volta Peppino o’ Zingariello, il posteggiatore che piaceva a Wagner

Peppino o’ Zingariello, il posteggiatore che piaceva a Wagner

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Il 19 dicembre 1935 muore a Napoli l’ottantunenne Giuseppe Di Francesco, il più celebre posteggiatore della fine Ottocento. L’Italia fascista, disattenta e superficiale, non si accorge neppure della scomparsa di “Peppino o’ zingariello”, com’era soprannominato Di Francesco per la piccola statura e per la vita nomade.

Posteggiatore di scuola classica

È una carriera lunga quella di Giuseppe, iniziata a otto anni quando, con la fedele chitarra, canta nelle trattorie della sua Napoli. Posteggiatore di scuola classica, ancora adolescente se ne va a cercare fortuna per il mondo. In breve tempo diventa popolarissimo nei locali di varie città europee. Nel 1870 torna nella sua città, forte di un contratto di ben otto anni con il Ristorante Stella. Nel 1879 la sua esibizione alla Villa Dorotea di Posillipo affascina il compositore Richard Wagner che lo convince a seguirlo in Germania dove diviene un personaggio popolarissimo e acclamato nell’ambiente dei musicisti e dei letterati. Il clima della Germania, meteorologico e umano, non fa per lui. Dopo quatto anni di “esilio” preso da nostalgia per Napoli, fugge senza neppure salutare il suo celebre protettore e torna nella sua città. Non ha un posto fisso, né denaro per vivere, ma fortunatamente il proprietario del Ristorante Stella gli vuole bene e lo accetta di nuovo nel suo locale. Per qualche anno sembra deciso a non muoversi più. Con lo scoccare del nuovo secolo si riaccende, però, la scintilla nomade. Nel 1900, infatti, forma un duo con il venticinquenne Eduardo Abbate, che lui considera un po’ il suo erede, e si avventura in una lunga tournée nella lontana Russia.

A Napoli prima della Rivoluzione Russa

Ci resta più di quindi anni, fino alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre quando, senza un soldo e con la sola dote della sua chitarra torna, come al solito, a Napoli. La sua voce morbida e penetrante, la sua abilità con la chitarra, frutto di una lungo apprendimento da autodidatta affinato da un gran numero di esperienze in giro per il mondo, e la capacità di rinnovare costantemente il proprio repertorio sono le ragioni più importanti di un successo popolare che non l’abbandonerà mai. Negli anni Venti è ospite fisso in uno dei più popolari Ristoranti di Posillipo dove intrattiene i commensali cantando oltre alle canzoni di Mario Costa e Salvatore Di Giacomo, un gran numero di brani che ha visto nascere e che in quegli anni sono già considerati dei classici. L’età non lo spaventa. Ormai ottantenne, non abbandona la fidata chitarra e la sua voce risuona nei ristoranti e nelle vie di Posillipo fino a pochi giorni prima di morire.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".