Una bella tavola imbandita con tutta la famiglia riunita intorno. E tante pietanze succulente pronte per essere servite. Questa è l’immagine classica che ci viene in mente quando pensiamo al cenone di Capodanno. Da questo punto di vista, la tradizione italiana è davvero molto ricca quando si tratta di festeggiare l’inizio dell’anno nuovo e, anche se le tradizioni regionali declinano spesso e volentieri in senso locale le varie pietanze, le lenticchie, il cotechino e lo zampone, il melograno, il pandoro e l’immancabile brindisi con lo spumante sono delle costanti in tutte le città italiane.
Le tradizioni del cenone
“Chi mangia lenticchie l’ultimo dell’anno, avrà fortuna e tanti soldi tutto l’anno”, dice un vecchio adagio. E invero questo legume dall’alto potere nutritivo è il protagonista indiscusso delle tavole tricolori al cenone di Capodanno, sovente accompagnato dallo zampone o dal cotechino. La credenza popolare legata al mangiare lenticchie l’ultimo dell’anno ha origini davvero molto antiche. Infatti, gli Antichi Romani erano soliti mangiarle a San Silvestro e venivano regalate all’interno di una borsa di cuoio. In questo modo si augurava alla persona che riceveva questo prezioso dono che, nel corso dell’anno, le lenticchie potessero trasformarsi in denaro perché, effettivamente, assomigliano a delle piccole monete. È per questo motivo che si ritiene che mangiare lenticchie a Capodanno sia benaugurante perché simboleggiano l’abbondanza, la ricchezza e la prosperità. “Partner” indiscusso delle lenticchie al cenone di Capodanno è lo zampone o, se si preferisce, il cotechino. Dietro la nascita della tradizione legata allo zampone c’è una storia davvero molto curiosa. Si crede, infatti, che risalga intorno al 1511, anno in cui le truppe di Giulio II, il Papa “guerriero”, assediarono Mirandola, alleata della Francia. Pur di non lasciare ai nemici i pochi suini rimasti, gli abitanti della città li uccisero tutti e un cuoco della zona ebbe l’idea di tritare tutta la carne e miscelarla con molte spezie. Completata l’operazione, mise il composto nella pelle delle zampe anteriori dei maiali per poterlo conservare a lungo e cuocerlo al momento opportuno. In tal modo, nacque lo zampone così come siamo abituati a vederlo e mangiarlo a Capodanno. La differenza, poi, tra cotechino e zampone sta nell’involucro in quanto lo zampone è prodotto con la zampa del maiale mentre il cotechino con una parte di budello del suino. Un capitolo a parte merita la frutta rappresentativa del cenone e quella che non può assolutamente mancare è il melograno. La mitologia greca narra che il melograno sia una pianta sacra sia per Giunone che per Venere mentre le spose romane la utilizzavano per intrecciare i suoi rami tra i capelli come simbolo di fertilità e ricchezza.
Per questo, il melograno è ritenuto simbolo di fedeltà e fecondità e mangiarlo durante l’ultima notte dell’anno, magari con il proprio compagno, fidanzato o marito è simbolo di devozione e prosperità. D’altro canto, anche il grande poeta italiano Gabriele D’Annunzio ebbe modo di decantare la sua bellezza scrivendo che “un sorriso così fresco e vermiglio […] fa pensare al dischiudersi d’un frutto di melograno”. Infine, non possiamo non fare un cenno a uno dei dolci tipici del periodo natalizio e di Capodanno insieme al panettone e al torrone: il pandoro. Il nome Pandoro deriva dall’intenso colore giallo oro di questo dolce e anche qui le sue origini sono piuttosto incerte anche se la tesi più accreditata lega la nascita del pandoro alla Casa Reale degli Asburgo. Fin dal ‘700-‘800 erano ben conosciute le tecniche di lavorazione del “Pane di Vienna” ma è solo dall’Ottocento in poi che la produzione del pandoro si perfeziona a Verona costituendo così l’espressione più tipica della sua produzione dolciaria. E, allo scoccare della mezzanotte, cosa c’è di meglio di un bella fetta di pandoro con un bel brindisi in famiglia o con gli amici? E pensare che, in origine, il significato del brindisi era totalmente diverso. Questa tradizione risale all’Antica Roma quando gli avvelenamenti erano frequenti e, per questo motivo, durante un banchetto si faceva il brindisi con gli altri commensali affinché un po’ di vino passasse nel bicchiere dell’altro scongiurando il rischio di rimanere avvelenati. Il brindisi ormai è un gesto molto comune e il far tintinnare il bicchiere con quello di qualcun altro è simbolo di amicizia, un augurio di buona fortuna. Ma, al di là di tutto, non c’è dubbio che l’augurio implicito presente in tutte queste caratteristiche tradizioni del nostro Paese sia simile: amore, serenità, abbondanza, salute e fortuna. Tutte cose che cerchiamo di propiziarci con piccoli gesti che, fra tradizione e scaramanzia, ci auguriamo che possano attirare verso di noi le attenzioni della dea bendata.