Home Musica L’eterno vinile, la bellezza imperfetta della musica

L’eterno vinile, la bellezza imperfetta della musica

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Vinile
Il Vinile sta tornando di moda. Diverse ricerche di mercato ne stanno confermando un prepotente ritorno in termini di vendite e popolarità presso il pubblico.

Chiunque abbia avuto modo di apprezzare il libro Alta fedeltà di Nick Hornby nonché la relativa riproduzione cinematografica con un magistrale John Cusack sarà sicuramente rimasto colpito dal Championship Vynil, il fatiscente negozio di dischi del protagonista. Già, il vinile. Quest’ immortale. Sembrava destinato ad andare in pensione con l’avvento del CD e a terminare la sua esistenza con l’avvento della musica “liquida” in formato digitale. E invece non solo non si è ritirato a “vita privata” durante l’epoca dei compact disc ma sta sopravvivendo anche allo streaming online, a Spotity e a Youtube.

Vinile, un fascino senza tempo

Il vinile sta quindi tornando di moda conquistando una nicchia sempre maggiore di pubblico che, nel nostro Paese, “balla” attorno al 4% dell’intero mercato discografico. Diverse ricerche di mercato stanno poi confermando che non si tratta solamente di un’operazione nostalgia proveniente dalle generazioni più mature ma un qualcosa di avvertito anche dalle fasce d’età più giovani che cercano di “consumare” musica di formato differente facendo rientrare anche il vinile nelle proprie scelte. Soprattutto da parte dei nativi digitali, i 33 e i 45 giri vengono visti come una novità assoluta avendo avuto esperienze di ascolto di musica solamente con piattaforme internet, servizi in streaming e file sharing che, tuttavia, hanno letteralmente cancellato il concetto di “possesso” di un disco ed eliminato il contatto fisico tra l’utente e il supporto. D’altro canto,  i report di vendita sono molto chiari: Stati Uniti, Germania, Inghilterra e Giappone rappresentano i quattro mercati più grandi per il vinile e in questi paesi, a partire dal 2014, le vendite sono cresciute vertiginosamente toccando l’80% nel Sol Levante. Come riportato dalla Entertainment retailers association (Era), le vendite di dischi in Gran Bretagna sono, al mese di novembre 2016, pari a 2,4 milioni di sterline; una crescita davvero notevole se si pensa che, nello stesso periodo del 2015, era di 1,2 milioni di sterline. Anche in Italia è in corso un vero e proprio recupero del vinile se solo pensiamo a due Festival di successo come quelli tenuti a Pordenone il 28-29 gennaio e a Belluno il 19 marzo scorso. Tra le ragioni più evidenti di questo ritorno di fiamma vi è un fenomeno molto particolare legato a motivi di carattere psicologico più che dettato da esigenze economiche. È noto come la possibilità di accedere a piattaforme digitali di musica abbia certamente allargato l’offerta (standardizzando tuttavia la qualità dell’ascolto) consentendo una maggiore velocità di fruizione e una modica spesa per l’acquisto di file audio ma, al contrario, ha ingenerato una crescente insoddisfazione nell’utenza in quanto l’estrema liquidità e volatilità di questo tipo di “prodotto” non ha consentito più il contatto fisico ed emozionale con la musica. Viceversa, questo rapporto di natura personale è permesso con il vinile, quasi una caratterizzazione individuale con il formato fisico che sfocia in quella che alcuni esperti hanno definito “l’imperfezione della bellezza”. D’altra parte, come ci insegna Massimo Ghini, divertente protagonista dello spettacolo Un’ora di tranquillità, l’ascolto di un vinile è un autentico rito che parte dalla preparazione del giradischi, prosegue con il posizionamento del nostro 33 o 45 giri sul “piatto” e termina con l’appoggio della puntina sui solchi del disco. Possiamo allora parlare a ragion veduta di “rinascita” del vinile declinandola come “nuova genesi” in quanto le condizioni in cui stanno avvenendo questi fenomeni sono molto diversi rispetto alla produzione di vinile antecedente la sua crisi iniziata negli anni ’90 specie se pensiamo, in particolare, alla filosofia con cui nascono oggi i negozi di dischi. Come scrive correttamente Giosuè Impellizzeri in un suo recente articolo, “si inizia ad avvertire la necessità di ‘ri-atomizzare’ la musica, renderla nuovamente visibile e non più solo ascoltabile. La ‘solidificazione’ della musica come risposta alla ‘fusione’ imposta dalla digitalizzazione non aggiunge automaticamente ad essa un valore di tipo artistico. Al momento non sappiamo se il mercato del futuro sarà suffragato da numeri sempre più eccitanti e tantomeno se la digitalizzazione sfrenata continuerà ad alimentare indirettamente il ritorno alla tattilità delle cose”. E chissà che il nostro amato vinile, simbolo di una società solida e concreta, messo da parte dalla “rapidità” (ma senza anima) della musica liquida, non possa tornare ad avere una nuova vita.