Home C'era una volta Willie “The Lion” Smith, l’alfiere dello stride jazz

Willie “The Lion” Smith, l’alfiere dello stride jazz

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Il 18 aprile 1973 muore a New York il settantacinquenne pianista e compositore Willie The Lion Smith uno dei primi e più autorevoli esponenti dello stride jazz.

Una tecnica che ha influenzato Duke

La sua tecnica ha influenzato un gran numero di pianisti, primo fra tutti Duke Ellington che, non a caso, gli ha dedicato una sua splendida composizione intitolata Portrait of The Lion. Registrato all’anagrafe con il nome di William Henry Joseph Bonaparte Bertholoff, a quattro anni resta orfano di padre e la madre trova un nuovo compagno in un certo signor Smith che aggiunge ai suoi lunghissimi dati anagrafici un nome in più. Proprio la madre, pianista, è la sua prima maestra di musica. Da lei impara le tecniche di base sufficienti a diventare organista nella chiesa del quartiere newyorkese dove vivono. Dotato di un talento naturale per la tastiera scopre ben presto di poterlo sfruttare adeguatamente. A quindici anni inizia a ottenere i primi ingaggi come pianista prima a New York, poi ad Atlantic City e a Newark. In pochi anni diventa una delle attrazioni fisse di locali come il Leroy’s, lo Small’s e il Garden Of Joy conquistandosi rapidamente una buona reputazione e una notevole popolarità. Nel 1920 entra a far parte dei Jazz Hounds, la band di Mamie Smith, con i quali partecipa alla storica registrazione di Crazy blues.

Un musicista che ha lasciato il segno

Dopo aver lavorato per qualche anno in varie riviste musicali e spettacoli di vaudeville, dà vita a una propria band con la quale suona al Capitol Palace, al Rhythm Club e in altri celebri cabaret di New York. Chiusa l’esperienza in gruppo tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta si esibisce come solista prima di essere ingaggiato per partecipare a varie sedute di registrazione di Clarence Williams. Durante gli anni Trenta si esibisce spesso con un gruppo che porta il suo nome e di cui fanno parte strumentisti di prim’ordine come Ed Allen, Cecil Scott, Buster Bailey, Frank Newton, Pete Brown e John Kirby. Con stessa compagnia registra vari dischi per la Decca. Nel 1939 accetta una proposta dell’etichetta Commodore e realizza da solo al pianoforte una sorta di antologia personale di tutti i brani che l’hanno reso famoso da Echoes of spring a Passionette. La sua carriera non conosce soste né cali di tensione. Attivissimo alla testa di proprie band e instancabile anche nell’attività di solista lascia il segno in varie edizioni del festival di Newport sia negli anni Cinquanta che negli anni Sessanta.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".