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Help!, il secondo film dei Beatles

Il 24 febbraio 1965 inizia ufficialmente alle Bahamas la lavorazione di “Help” il secondo film dei Beatles. Dopo il successo di “A hard day’s night” la United Artists, alla quale la band è legata da un impegno contrattuale per tre lungometraggi, affida nuovamente l’impresa al geniale Richard Lester, regista del primo film, che intende riproporre le surreali avventure del quartetto di Liverpool in modo innovativo e strizzando l’occhio alla pop art. Non è un caso che questa volta la pellicola sia interamente a colori, proprio per sfruttare meglio le fantasie cromatiche e i trucchi cinematografici nella costruzione di una racconto filmico paradossale.

Una storia surreale

L’improbabile storia, nata da un soggetto di Marc Behm che collabora anche alla sceneggiatura, inizia quando il grande sacerdote indù Clang non può compiere l’ordinario sacrificio umano alla dea Kalì perché alla vittima manca l’anello sacrificale che per varie, e non tutte chiare, ragioni è finito al dito di Ringo Starr. Oltre ai componenti della sanguinaria setta, sulle tracce dell’anello ci sono anche un gioielliere e uno scienziato pazzo. Inutile dire che l’inseguimento sarà l’origine di una serie infinita di gag nello stile funambolico e surreale dei fratelli Marx. Quando, il 24 febbraio 1965, viene dato “il primo giro di manovella” al lungometraggio nessuno può immaginare che proprio “Help” segnerà una rottura violenta tra i quattro ragazzi di Liverpool e la United Artists.

I Beatles dicono basta!

All’uscita del film, infatti, i Beatles faranno fuoco e fiamme sostenendo di essere stati trattati come marionette senza cuore. Il solito Lennon andrà ancora più in là, accusando la produzione di aver trattato la band alla stregua di un gruppo di comparse di lusso. Il rapporto con l’United Artists si interromperà e la band, nei fatti non terrà fede all’impegno contrattuale per il terzo film rifiutando, uno dopo l’altro, i soggetti proposti, compreso quello scritto dal drammaturgo Joe Orton che vedrà poi la luce autonomamente una decina d’anni dopo con il titolo di “Up against it”. Quasi a voler dimostrare che l’ira dei Beatles ha come obiettivo soltanto la major e non il regista, John Lennon accetta di lavorare proprio con Richard Lester nel film “Come ho vinto la guerra”. In ogni caso la United Artists intende far valere i diritti contrattuali per un terzo film. Il contenzioso si concluderà soltanto con l’assenso alla realizzazione di “Yellow submarine”, un lungometraggio dove i Beatles ci sono, ma disegnati.

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