Il 2 febbraio 1961 un infarto stronca a Freetown, in Sierra Leone, Velma Middleton la quarantatreenne cantante degli All Star, la band di Louis Armstrong che, in quel periodo è impegnata in una tournée africana.
Il sogno di volare via dal suo quartiere
il destino ha voluto che la morte la colpisca proprio in quella “madre Africa” che nei quartieri poveri di St. Louis, dove è nata, viene raccontata come una sorta di “terra promessa” per il discendenti degli schiavi. L’incontro con la musica rappresenta per la giovane Velma la prima speranza in una vita altrimenti destinata a consumarsi tra fatica e miseria. Le prime esperienze nel coro della chiesa le consentono di scoprire qualità canore sufficienti a provare a volare via dal quartiere. Non ha ancora compiuto ventun anni quando, nel 1938, ottiene il suo primo vero ingaggio professionale e partecipa a una lunga tournée nell’America Latina della band di Clarence Robinson. La svolta vera nella sua carriera avviene, però, nel 1942 quando il grande Louis Armstrong la invita a far parte dei suoi All Stars. Lei accetta e lascia l’orchestra di Jimmy Lunceford, con la quale si esibisce ogni sera in un club di New York. La prima esperienza con la band di Armstrong non dura molto, perché, imprevedibile come sempre, Velma interrompe a sorpresa la sua collaborazione per partecipare allo spettacolo musicale “Born happy” al fianco del ballerino di tip-tap Bill “Bojangles” Robinson.
Il ritorno con Armstrong
Nel 1944, chiusa la parentesi teatrale la cantante torna a bussare alla porta di Louis Armstrong che la accetta senza discutere. Da quel momento non se andrà più fino alla morte. Personaggio esuberante e dal carattere forte, Velma Middleton dà voce alle invenzioni stilistiche di Armstrong e si integra perfettamente con tutti i grandi musicisti che, in vari periodi, affiancano il trombettista, da Jack Teagarden a Barney Bigard, a Sidney Catlett, a Earl Hines, a Cozy Cole, solo per citare i più importanti. La sua presenza scenica fa storcere il naso ai “puristi” che le rimproverano di scivolare in atteggiamenti da spettacolo di varietà per l’ironia con la quale porta sul palco la sua ingombrante mole fisica calandosi nella parte della “cicciona simpatica”. Gli strali della critica si spingono fino a chiedere ad Armstrong di escluderla dalla esibizioni dal vivo. Il trombettista rifiuta e, anzi, a volte partecipa alle sue gag improvvisate durante l’esecuzione dei brani. Memorabili restano i loro duetti in That’s my desire e, soprattutto, in Big Butter and Egg Man.