Il 13 ottobre 1984 entra nella classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna l’album The unforgettable fire degli U2, realizzato con la collaborazione di Brian Eno e del tecnico del suono canadese Daniel Lanois.
Un titolo rubato
Il titolo del disco è “rubato” da quello di una mostra di quadri dipinti dagli scampati al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki che i componenti della band hanno visitato a Chicago. «In quei quadri – dice Bono, il leader del gruppo – abbiamo visto l’orrore della strage, la disperazione di un mondo che ha l’impressione di essere arrivato a un punto di non ritorno. Abbiamo, però, visto anche la speranza di risollevarsi, la voglia di continuare a credere nell’alba di una nuova era di pace. Ci siamo immersi in quell’atmosfera e l’abbiamo fatta nostra. Abbiamo voluto dare a chi ci ascolta le stesse sensazioni. L’album è come una mostra di quadri, solo che le pennellate di colore, le sfumature, i disegni sono sostituiti da voci, ritmi e melodie, oltre che da parole».
Un album che segna una svolta
L’opera segna una svolta nella carriera degli U2 che, grazie anche al lavoro di cesello di Eno e Lanois, si presentano al pubblico con un suono diverso dal passato, meno aggressivo e violento. Le atmosfere sonore su cui si dipanano i brani sono morbide e curate, lasciando ai testi il compito di dare il senso della continuità con i lavori precedenti. Le canzoni danno il consueto spazio ai temi sociali, all’importanza della solidarietà e alla difesa dei diritti umani. Nonostante tutto, però, una parte della critica storce il naso, arrivando a parlare di svolta “commerciale” degli U2, e lascia intendere che si tratta del primo cedimento del gruppo nei confronti del music business. Non è così e non sarà così neanche in seguito. Il disco denota una cura maggiore del passato nei confronti delle sonorità, ottiene un grande successo commerciale, ma senza cedimenti sui contenuti. Oltre che dall’orrore dell’olocausto atomico, l’album è caratterizzato dalla presenza e dalle parole di Martin Luther King, l’apostolo della non violenza e dell’uguaglianza razziale, assassinato nel 1968, cui è espressamente dedicato anche il brano Pride (In the name of love): «Un uomo sta venendo nel nome dell’amore, un uomo viene e se ne va. Un uomo viene per giustificare, un altro per cambiare le cose…»