“Per cercare vendetta, si può agire in compagnia. Se si vuol fare giustizia, occorre operare da soli.” Questa l’intestazione del romanzo storico di Bruno Agostini, I giardini di Pfaffenthal, pubblicato da Robin Edizioni nel 2016, adatto ad essere inserito nelle manifestazioni del mese della memoria.
Il prologo qui di seguito, ci ricorda che la narrazione si svolge all’interno di un preciso contesto storico, che alcune figure, alle quali si fa riferimento, sono davvero esistite ed i luoghi sono reali … l’autore tiene a precisare nell’epilogo che, non solo che alcuni personaggi sono esclusivamente frutto della sua immaginazione, ma anche di aver cambiato in parte il destino di quelli reali, adattandoli al contesto. Una bella scrittura porta dentro tutte le sfumature psicologiche e le lotte interiori per contestualizzare la rabbia, la paura, la ricerca della dignità e dell’amore degli attori di questo drammatico periodo che non finì con la fine della guerra. Ma per capire la struttura di questo romanzo, dobbiamo accettare un suo svolgimento a capitoli alternati nei quali si intrecciano le vicende (entrambe riferite al Lussemburgo) con salti di tempo e luogo, rispettivamente di Léon Guèmar e di Aloÿse Kirschenbaum, che alla fine giungeranno insieme, ma non contemporaneamente, ad una conclusione in un luogo ben preciso, in un finale a sorpresa che giustifica il titolo del libro.
- Il 2 agosto 1940, un decreto del Führer nominava Gustav Simon capo dell’amministrazione civile del Lussemburgo perché divenisse parte integrante del «Grande Reich». Iniziava così uno dei più terribili periodi nella storia del Paese. Dopo la fine della guerra, nonostante si nascondesse sotto il nome di Hans Wölfler, Gustav Simon fu arrestato da soldati britannici e incarcerato nella prigione di Paderbon il 10 dicembre 1945. Alcuni raccontarono che, otto giorni dopo, s’impiccasse per evitare l’estradizione verso il Lussemburgo in cui lo attendeva un processo per crimini di guerra e dove giunse cadavere. Altri dissero che, invece, fosse ancora in vita e che la morte giungesse solo dopo, in circostanze oscure, durante il viaggio di rientro in territorio lussemburghese, forse a causa di un incidente da lui stesso procurato. Il suo corpo fu esposto e fotografato dalla stampa nella prigione del Grund nel Granducato. Nell’immagine appare con dei piccoli baffi alla Hitler. Il locale quotidiano Tageblatt e le agenzie di stampa, tutti sotto controllo americano, sostennero la versione del suicidio a Paderbon. Con la sua morte, divennero impossibili il processo, l’approfondimento dei fatti avvenuti durante l’occupazione e l’eventuale ricerca di complicità. In seguito, il cadavere di Gustav Simon sparì e non se ne ebbe più alcuna traccia.
Nel 1925 Léon Guèmar è un bambino ed ancora non capisce perché il padre si preoccupi tanto dell’ascesa del nazismo, ma nel 1940, quando la Germania incorpora il territorio lussemburghese, suo padre si suicida sparandosi con una doppietta, fingendo un incidente di caccia.
- Uno dei militari mi venne vicino, appena si accorse che avevo riaperto gli occhi.“Ha potuto riconoscerlo? Era suo padre, Edmond Guèmar?” Rimaneva in piedi, costringendomi allo sforzo di piegare all’indietro tutta la testa per osservarlo. Avevo i suoi due stivali neri al livello del mio sguardo. Accennai di sì. Ero certo che quello fosse il corpo di mio padre, ma non altrettanto che potesse essere lui. C’era ancora la possibilità che rientrando a casa lo ritrovassi ad attendermi, insieme a mia madre. Non poteva essersene andato così, senza dir nulla. Non si può uscire da casa, un giorno come un altro, e non tornarci più. Per sempre. Non è giusto, neppure per quelli che restano. –
Léon, in quanto ebreo, ancora non si rende conto di quello che sta avvenendo per tutti loro, soprattutto non capisce i motivi di quella

persecuzione irrazionale, sentendo solo disagio e paura, soprattutto a scuola quando certi discorsi urlati dagli insegnanti sulla presunta cospirazione ebraica internazionale preannunciano la fine dei suoi studi. Un destino ben più drammatico si compie invece quando, per pura casualità, viene preso con un gruppo di amici nei boschi di Steinsel, nei rastrellamenti istituiti per arrestare i presunti iscritti al gruppo LFK. Internato nei campi di sterminio conoscerà l’orrore e le mostruosità umane, ma riuscirà a sopravvivere …
L’altro protagonista, dell’altro volgere dei fatti, fa parte di un racconto ambientato agli inizi degli anni Novanta. E’ Aloÿse Kirschenbaum, un ispettore di polizia dalla vita solitaria, metodica e ordinata. Timoroso in qualche modo degli altri, ha scelto di non sposarsi e di difendere la sua indipendenza e le sue piccole abitudini quotidiane come fossero valori fondanti; compresa la metodica frequentazione (solo due venerdì al mese) di una donna sposata di nome Bea.
– Pur avendo senza dubbio la capacità di capire che quella sua mania dell’ordine e del rispetto degli orari, la sua meticolosità in generale, potessero assumere forme seriamente patologiche, possedeva, al contempo, la capacità d’assolversi, interpretando tutto ciò come fondamentale al raggiungimento del proprio equilibrio, senza, oltretutto, che costituisse un danno per nessuno. Sul lavoro, questa stessa considerazione lo aveva spesso indotto a riflettere sulla rivendicazione d’essere spostato alla sezione specializzata nei reati finanziari. Per questi, infatti, non c’erano urgenze quotidiane, necessità di stare per strada, interrogatori, orari impossibili. Occorrevano, invece, solo approfondite letture di grossi fascicoli, riflessioni, ponderatezza, perspicacia. Tutte cose, insomma, che postulavano, anzi imponevano, capacità organizzative, precisione, lasciando immutati gli orari personali. –

Scompagineranno questo sistema difensivo ed abitudinario, un sintomo fisico ingombrante, invalidante, che potrebbe essergli fatale, obbligandolo a curarsi con frequenti ricoveri. Infine comparirà un nuovo impegno lavorativo, al quale è chiamato in virtù del fatto di aver dimostrato casualmente una sensibilità particolare Viene nominato suo malgrado solo ed unico membro responsabile della neonata Sezione Suicidi.
Anche lui sopravvivrà; anzitutto alla malattia che l’ha colpito, ma che trasformerà la sua vita, dovendosi poi confrontare con nuove prospettive su se stesso ed i suoi rapporti con gli altri. Dimostrerà in seguito anche un’indubbia ed insospettata abilità nel risolvere enigmi. In varie occasioni infatti, trovando misteriose tombe senza corpi troverà anche il filo rosso che lega tra loro quei fatti bizzarri.
- “Capii che in ciascuno di noi si muove, nella parte più recondita, un mostro pronto, appena se ne creano i presupposti, a uscire dalla tana con le più differenti fattezze. Nessuno ne è immune, perché questa è una regola generale che non ammette eccezioni. Lui è sempre lì, in agguato nell’attesa che un’occasione gli spalanchi anche il minimo pertugio. A quel punto, è tardi perché qualcuno possa impedirglielo. Il mostro può essere più o meno forte, più o meno abile, più o meno paziente, ma nessuno di noi è dispensato da questa orribile maternità …”
http://www.robinedizioni.it/nuovo/i-giardini-di-pfaffenthal – Disponibile anche in ebook